martedì | by Stefano Reves S.


Bayrou le Président

L’ 84,6% dei francesi ha deciso. Bayrou sarà l’erede di Chirac all’Eliseo. No, tranquilli non ho bevuto. Spiego il paradosso. Al secondo turno andranno Royale e Sarkozy, con il candidato gollista con 5 punticini di vantaggio. Tanti si per il primo round, ma in termini assoluti nulla.
Perché se è certo in favore di Sarkozy piomberanno i, modesti, contributi della componente sciovinista di Le pen, il candidato del Fronte nazionale, l ’uomo che ''le camere a gas sono un dettaglio della storia'', il borghezio d’oltralpe per intenderci, è altrettanto ver che les deux poulets dovranno riuscire a convogliare nel proprio stabbio quel restante 35% di francesi
che nel primo turno hanno ripartito il proprio voto tra i tre scaglioni della sinistra trotzkista (4 %), che poca simpatia nutre per il candidato socialista (e tra un po’ diciamo il perché) ed il belloccio, un po’ mastelliano, Bayrou. Mr 18%. L’unica vera incognita. Colui che da solo deciderà da che parte far girare l’agone elettorale. Tra il mascellone, populista ed irascibile Nicolas, o la ridanciana più fasulla della politica europea (mooolto più del cavaliere nazionale) Ségolène.
La riformista che parla solo di tricolore e Marsigliese ed è fermamente contraria ai matrimoni omosessuali (eccovi la risposta). Il punto però è sempre lo stesso, entrambi parlano di ''cambiamento'' ma non propongono alcun modello di società, ne paesi di riferimento da seguire, esprimono valori, ma non presentano programmi. Insomma, alla fine è questa la manfrina: niente idee, solo sentimenti. Bayrou deciderà quali far prevalere.
E noi che ci lamentiamo.


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sabato | by Stefano Reves S.


Telecom e le vestali dell’ italianità

Diciamocelo, lo aspettavamo e da tempo. Alla fine anche Berlusconi si è lasciato investire dalla trottola ‘’Telecom’’. E fin qui tutto normale. Anzi, nel rispetto della legge, sia ben accolta da tutti la volontà del più valido imprenditore italiano di districarsi nel più difficile ginepraio economico europeo. Ad un’ unica, irrinunciabile, condizione. Che al Berlusconi-imprenditore non si preferisca il Berlusconi-Politico, colui che parla di ‘’Italianità’’ prima di mettere sul banco quelle che dovrebbero essere le sole calamite in questa vicenda: competitività aziendale ed un valido piano d’investimenti. Ma, a quanto pare, noi imprenditori e politici italiani siamo belli restii a rimuginare sui nostri errori. Perché la lezione avremmo dovuto impararla tempo fa. Quando l’ultimo Governatore della Banca d’Italia Fazio tentò di ostacolare l’Offerta pubblica d’acquisto dei, loro si forti, olandesi di Abn Amro su Antonveneta, favorendo la scalata di Banca Popolare di Lodi, inconsistente istituto di credito con risorse economico-manageriali quantomeno discutibili. Tutto in nome della ‘’difesa dell’Italianità’’.

Riavvolgiamo subito il nastro. Oggi, l’azionista di riferimento Telecom, dopo gli scempi della gestione più dissennata della sua storia, avrebbe ben poco da fare oltre che cedere il l’intero ‘’pacco’’ al miglior offerente, magari senza badar tanto ai fronzoli del tricolore. Sempre oggi una tale At&t, che nonostante il recente tira e molla, promette, garanzie politiche permettendo, di assicurare un premio del 30%, sul valore di borsa. E ciò meriterebbe l’attenzione di un governo troppo interessato ad attendere la solita cordata nazionale senza esperienza ne possibilità d’investimenti. Impensabile poi fare a meno di ricordare che le stesse istituzioni sono corresponsabili (corree?) della dissennata gestione attuale. E quando si tenta di spiegare il perché di tale comportamento da parte del governo, la risposta non può essere che una sola: palazzo Chigi auspica la partecipazione di intese bancarie italiane, magari già direttamente impegnate nella gestione Telecom, con un solo fine: la necessità di garantire i soliti privilegi alla solita governance finanziaria italiana. Infatti, ed è timore di molti (tutti) del settore, è plausibile che questa vicenda si concluderà con la vittoria di un impresa straniera (non esistono presupposti per altro), la quale però sarà costretta condividere il ‘’trofeo’’ Telecom con un qualche istituto di credito italiano. Di questa insensata quanto patetica forzatura a giovarne sarà il solo establishment politico nostrano, che potrà esultare dai bei salottini urlando ‘’l’italianità è salva!’’. Morale della storia? La spiega abilmente l’AD Unicredi Alessandro Profumo ''dietro l’italianità si tenta di nascondere una debolezza di fondo[…] il problema dell’Italia è attrarre investimenti, non imporre alle imprese italiane come investire''. E non si attirano investimenti in una nazione dove regole incerte, clientelismi, cooptazioni e niente trasparenza dominano su tutti i fronti. Ma in fondo, non siamo gli unici con questi problemi. Chiedere a Cina e Taiwan.


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