mercoledì | by Stefano Reves S. | ,


Ecco parte del discorso tenuto dal Papa in occasione delle celebrazioni di Maria Immacolata
Discorso benedetto

Cari fratelli e sorelle! Ogni giorno, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato, e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili. Nella città vivono – o sopravvivono – persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino all’ultimo, finché la notizia e l’immagine attirano l’attenzione. E’ un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La città prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza pietà, o con una falsa pietà. C’è invece in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto. (…)

I mass media tendono a farci sentire sempre "spettatori", come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti "attori" e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri. Spesso ci lamentiamo dell’inquinamento dell’aria, che in certi luoghi della città è irrespirabile. E’ vero: ci vuole l’impegno di tutti per rendere più pulita la città. E tuttavia c’è un altro inquinamento, meno percepibile ai sensi, ma altrettanto pericoloso. E’ l’inquinamento dello spirito; è quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia… La città è fatta di volti, ma purtroppo le dinamiche collettive possono farci smarrire la percezione della loro profondità. Vediamo tutto in superficie. Le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.


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martedì | by Stefano Reves S. | , , , , , , ,


Un nuovo ghetto sta nascendo in Italia

L’Europa ha la memoria corta. Eppure tutti dovrebbero sapere che la storia della segregazione iniziò proprio a Venezia. “Ghetto”, termine che probabilmente prende origine da un’industria del ferro un tempo ubicata in città. Era l’anno 1516 ed il senato cittadino stabilì che tutti gli ebrei veneziani fossero confinati in questo quartiere. Fu così che nacque il primo ghetto del mondo.

La Roma papalina seguì a ruota: nel 1555 gli ebrei furono confinati in un’area chiusa ermeticamente e collegata con l’esterno da due ingressi ben sorvegliati, sbarrati al tramonto, riaperti all’alba. Diverse furono le restrizioni interne: bandita la circolazione moneta “Cristiana”, unica forma di commercio permessa fu il baratto di tessuti. A rendere logico ed accettabile tutto ciò furono i pregiudizi e le discriminazioni, molle innestate verso l’inevitabile genocidio: il 16 Ottobre 1943, 100 soldati tedeschi circondarono il getto romano e sequestrarono 1.022 ebrei tra uomini, donne e bambini. Spediti ad Auschwitz, a ritornare furono in 17.

Come ci si può dimenticare questa lezione?
Eppure ancora una volta sembra che l'Italia si voglia prestare all’ennesimo esperimento sulla segregazione residenziale. Si tratta di un paragone difficile, eppure non mancano le relazioni tra i pregiudizi che anticiparono le persecuzioni ebraiche e l’odierno trattamento degli zingari.

Il loro immenso, sconnesso, accampamento fuori Roma, noto col nome di “Casilino 900”, potrebbe sconvolgere qualsiasi visitatore a causa delle condizioni disastrose in cui versa. Ma non c’è limite al peggio ed il nuovo campo di “Castel di Decima”, con le sue file di capannoni prefabbricati, lontani miglia e miglia da qualsiasi cosa, appare, se è ancora possibile, ancor più deprimente. Eccezion fatta per le antenne TV e per l’accoglienza dei bimbi intenti a giocare per strada, sembra un luogo di detenzione. Reso ancor più tale da recinti freschi e dalla presenza di poliziotti a sorvegliarne gli ingressi. Nel mese di Febbraio, il Prefetto della capitale, con la motivazione di dover necessariamente fronteggiare l’emergenza, ha stabilito nuove, severe, norme per regolare la vita all’interno dei sette campi cittadini: recintati e posti sotto sorveglianza della polizia. Sebbene la residenza dovrebbe essere temporanea, preludio ad una futura integrazione, non ci sono indicazioni su chi deve essere fatto uscire e su chi viene buttato dentro. Il sindaco di Milano ha annunciato regole simili, in più ha imposto la chiusura obbligatoria del campo alle 10 di sera. Le proteste non sono mancate, ma subito zittite.
Anche il sindaco di Venezia, politico progressista, scrittore e professore di filosofia, ha recentemente dichiarato che nuovi accampamenti sorgeranno a distanza di sicurezza dalle zone “non-zingare”.

Ad allarmarci è proprio l’insistente volontà di giungere ad un allontanamento. Gli accampamenti veneziani rischiano di trasformarsi in un ghetto moderno, lasciando i suoi abitanti in preda a futili ostilità, se non peggio. Giancarlo Gentilini, sindaco di Treviso, è stato acclamato per aver pronunciato “Voglio una rivoluzione, voglio che spariscano tutti i bambini che rubano”. Gentilini è chiaramente un leghista, così come il ministro dell’interno. Pare che i politici non vogliano ascoltare. La storia ci ha insegnato che a dimostrazioni odio, spesso seguono gesti di violenza.

The Guardian


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