Un nuovo ghetto sta nascendo in Italia
L’Europa ha la memoria corta. Eppure tutti dovrebbero sapere che la storia della segregazione iniziò proprio a Venezia. “Ghetto”, termine che probabilmente prende origine da un’industria del ferro un tempo ubicata in città. Era l’anno 1516 ed il senato cittadino stabilì che tutti gli ebrei veneziani fossero confinati in questo quartiere. Fu così che nacque il primo ghetto del mondo.
La Roma papalina seguì a ruota: nel 1555 gli ebrei furono confinati in un’area chiusa ermeticamente e collegata con l’esterno da due ingressi ben sorvegliati, sbarrati al tramonto, riaperti all’alba. Diverse furono le restrizioni interne: bandita la circolazione moneta “Cristiana”, unica forma di commercio permessa fu il baratto di tessuti. A rendere logico ed accettabile tutto ciò furono i pregiudizi e le discriminazioni, molle innestate verso l’inevitabile genocidio: il 16 Ottobre 1943, 100 soldati tedeschi circondarono il getto romano e sequestrarono 1.022 ebrei tra uomini, donne e bambini. Spediti ad Auschwitz, a ritornare furono in 17.
Come ci si può dimenticare questa lezione?
Eppure ancora una volta sembra che l'Italia si voglia prestare all’ennesimo esperimento sulla segregazione residenziale. Si tratta di un paragone difficile, eppure non mancano le relazioni tra i pregiudizi che anticiparono le persecuzioni ebraiche e l’odierno trattamento degli zingari.
Il loro immenso, sconnesso, accampamento fuori Roma, noto col nome di “Casilino 900”, potrebbe sconvolgere qualsiasi visitatore a causa delle condizioni disastrose in cui versa. Ma non c’è limite al peggio ed il nuovo campo di “Castel di Decima”, con le sue file di capannoni prefabbricati, lontani miglia e miglia da qualsiasi cosa, appare, se è ancora possibile, ancor più deprimente. Eccezion fatta per le antenne TV e per l’accoglienza dei bimbi intenti a giocare per strada, sembra un luogo di detenzione. Reso ancor più tale da recinti freschi e dalla presenza di poliziotti a sorvegliarne gli ingressi. Nel mese di Febbraio, il Prefetto della capitale, con la motivazione di dover necessariamente fronteggiare l’emergenza, ha stabilito nuove, severe, norme per regolare la vita all’interno dei sette campi cittadini: recintati e posti sotto sorveglianza della polizia. Sebbene la residenza dovrebbe essere temporanea, preludio ad una futura integrazione, non ci sono indicazioni su chi deve essere fatto uscire e su chi viene buttato dentro. Il sindaco di Milano ha annunciato regole simili, in più ha imposto la chiusura obbligatoria del campo alle 10 di sera. Le proteste non sono mancate, ma subito zittite.
Anche il sindaco di Venezia, politico progressista, scrittore e professore di filosofia, ha recentemente dichiarato che nuovi accampamenti sorgeranno a distanza di sicurezza dalle zone “non-zingare”.
Ad allarmarci è proprio l’insistente volontà di giungere ad un allontanamento. Gli accampamenti veneziani rischiano di trasformarsi in un ghetto moderno, lasciando i suoi abitanti in preda a futili ostilità, se non peggio. Giancarlo Gentilini, sindaco di Treviso, è stato acclamato per aver pronunciato “Voglio una rivoluzione, voglio che spariscano tutti i bambini che rubano”. Gentilini è chiaramente un leghista, così come il ministro dell’interno. Pare che i politici non vogliano ascoltare. La storia ci ha insegnato che a dimostrazioni odio, spesso seguono gesti di violenza.
The Guardian