Antropologia dell'intellettuale (di sinistra)
Riconoscere un tipico intellettuale di «sinistra» non costa alcuna fatica, perché egli si proclama tale ai quattro venti e fa lega solo con chi si proclama tale. Ogni altro intellettuale è per lui un essere inferiore, anzi, non è un intellettuale affatto: è un «servo dei padroni» o peggio. Benché facciano mazzo fra loro, gli intellettuali di «sinistra» non mostrano di amarsi. Si premiano a vicenda, ma è un do ut des, solo uno scambio di decorazioni nobiliari: «Dammi la gran croce del merito sociale, e ti darò il collare dell’ordine della giustizia egualitaria». [...]
Essi sembrano amare praticamente nessuno se non il proprio io.[...] Amano il popolo come astrazione, lo detestano probabilmente come insieme di persone vive, e cioè rumorose, sudate, invadenti, volgari. Il popolo vivo sembra sopportabile solo se lo si guarda dall’alto di un palco ben isolato ed elevato. Irreggimentare il popolo, metterlo in fila, comandarlo, tutelarlo anche, ma come si tutelano i minori, finalmente farsi applaudire dal popolo: ecco le seduzioni di chi sta a «sinistra». Seduzioni a cui è tanto più difficile resistere quanto più gl’intellettuali hanno origini lontane dal popolo. In tal caso, ci si può interessare al popolo come un socio della società per la protezione degli animali può interessarsi agli animali: con intensità e distacco. Il borghese generalmente non può: è ancora nel popolo o ne è appena «emerso» e non lo rinnega. Il populismo dell’intellettuale di «sinistra» non è segno di origine popolare, è segno del contrario.
Ben inteso, anche a «sinistra» c’è chi resiste a quelle seduzioni. Per quanto gl’intellettuali di «sinistra» si compiacciano di erigersi a circolo omogeneo ed esclusivo («unitario»), per quanto si sforzino di somigliare a quei teologi che Huygens paragonava ai porci in quanto «se tiri la coda a uno, gridano tutti», il borghese, a costo di scontentarli, deve distinguerli e separarli a uno a uno. Al solito, così facendo scoprirà, in mezzo a tanti collettivisti, qualche borghese autentico, che non sa di esserlo o lo sa anche troppo e lo nasconde. Fra chi inveisce contro la borghesia, scoprirà i sinceri e i truffaldini, i saputi e gl’ignoranti. Quel che mai il borghese deve concedere è che essi, gli intellettuali di «sinistra», abbiano più autorità morale o scientifica o di qualunque altro genere per discutere di giustizia, democrazia, elevazione degli umili, progresso sociale, libertà. Non ce l’hanno soprattutto quando pretendono di averla e peccano di orgoglio o ipocrisia.
(Sergio Ricossa)