giovedì | by Stefano Reves S. | ,


Iraq
La guerra non è finita, ma è già qualcosa

Oggi Repubblica propone un agghiacciante reportage: in Iraq è caccia ai gay. "Fenomeno" umano esploso, comprensibilmente, con la caduta del regime baathista. Ed altrettanto comprensibilmentene sono iniziati i guai. Guai seri. Oltraggiato dalle potenti ma polverose autorità religiose, perseguitato dalle giovani ed impreparate istituzioni, allontanato dalle imbarazzate comunità familiari. L'omosessuale iracheno deve affrontare questo. Una storia che a noi sembra vecchia di secoli (ma in realtà molto più recente!). Eppure inevitabile, prevedibile. Le rivoluzioni non si fanno in pochi mesi e quelle culturali sono le più complesse, le più dure e sanguinarie che l'umana specie debba affrontate. Ed a pagarne le conseguenze peggiori sono sempre le minoranze. Ma il cammino, forse, è iniziato. Riprendo l'articolo: "Sempre più spesso per strada capita di incontrare donne senza velo. [...] Le famiglie si radunano nei parchi per un picnic, e sono sempre più numerosi quelli che escono di sera." Non sono queste, notizie per cui esultare? Poche righe, vero, poco significanti, forse, ma non danno un senso alle decine di migliaia di vittime di questa terribile ed ingiusta (ma quale guerra non lo è) guerra? Fino a pochi anni, ma che dico!, fino a qualche mese fa, in quanti le avrebbero pensate realistiche, possibili? Chi mai avrebbe potuto scriverle con Hussein al potere, senza rasentare la follia od una perversa adorazione per un regime tanto cinico ed atroce?