domenica | by Stefano Reves S. | ,


George's peak

Dopo la lingua coniata dal premier italiano il Silviospeak, it's time for George's peak. Meglio di un idioma, la lingua idiota, più smagliata che smagliante, a volte sconfortante dello statista che entrerà alla storia (tralasciando Iraq ed Afghanistan) come colui che conciliò l'Europa con l'Albania. Godiamoci George all'apice (peak) della sua genialità.

Iniziamo con…
«Troppi buoni dottori hanno perso il lavoro. Troppi ginecologi non riescono più a praticare il loro amore con le donne in tutto questo paese»
(Poplar Bluff, Missouri, 6 settembre 2004).

Questa sembra scritta da De la Rochefoucault:
«Secondo il mio giudizio, quando gli Stati dichiarano che ci saranno gravi conseguenze, e poi non ci sono gravi conseguenze, ciò crea conseguenze avverse».
(Per difendere la sua decisione di invadere l’Iraq, 8 febbraio 2004).

Muhamuhamuha:
«Se gli iraniani dovessero avere un’arma nucleare, potrebbero proliferare».
(Washington, 21 marzo 2006).

No comment:
«Questo mio viaggio in Asia comincia qui in Giappopne per un importante motivo.. Comincia qui perché, ormai da un secolo e mezzo, l’America e il Giappone hanno formato una delle più grandi e durature alleanze dei tempi moderni».
(Tokio, 18 febbraio 2002).

Roba da pazzi:
«Non mi rallegra affatto che Hamas ha rifiutato di annunciare il suo desiderio di distruggere Israele»
(Washington, 4 maggio 2006).

Nemmeno Aldo Biscardi:
«C’è sfiducia a Washington. Sono francamente sorpreso di quanta sfiducia esiste in questa città. Me ne dispiace, e io lavorerò duro per cercare di elevarla».
(Alla National Public Radio, 29 gennaio 2007).

Davvero interessante:
«Questo è George Washington, il primo presidente naturalmente. La cosa interessante di lui è che l’anno scorso ho letto tre – tre o quattro libri su di lui. Non è interessante?».
(Il 5 maggio 2006, mostrando a un giornalista tedesco l’Ufficio Ovale).

Se lo dici tu, ci fidiamo:
«La verità è, se ci pensate con attenzione, che Saddam sarebbe ancora al potere se fosse il presidente degli Stati Uniti, e il mondo sarebbe in forma molto migliore».
(St.Louis, Missouri, 8 ottobre 2004)

Una chicca:
«Le nostre importazioni provengono in sempre maggiore quantità dall’estero».
(Beaverton, Oregon, 25 settembre 2005).

Could you translate?
«Che sia cristiana, ebrea, musulmana o indù, la gente ha udito la chiamata universale ad amare il prossimo come amerebbero essere chiamati loro stessi».
(Washington, 8 ottobre 2003).

La scoperta:
«Wow! Il Brasile è grosso!».
(Davanti a una carta del Brasile all’incontro con il presidente Lula da Silva, Brasilia, 6 novembre 2005).

Certo che no!
«Avete dei negri anche voi?»
(al presidente brasiliano Fernando Cardoso, 8 novembre 2001).

A volte mi fa paura:
«Abbiamo speso un sacco di tempo a parlare dell’Africa, come è dovere. L’Africa è una nazione che soffre di incredibili malattie».
(Gotheborg, Svezia, 14 giugno 2001).

Concludo con… non si può smettere di ridere:
«Sono onorato di stringere la mano ad un valoroso cittadino iracheno che ha avuto le mani tagliate da Saddam Hussein».
(Washington, 25 maggio 2004)