domenica | by Stefano Reves S.



Qualche spezzone da un vecchio articolo tratto dal ''Sole 24 ore'' di quasi tre anni fa (08-02-2003), penso che già il titolo si possa commentare da solo:
Eni, si apre la via ai pozzi iracheni

Il pieno sostegno del Governo Berlusconi alle posizioni degli USA e della GB sulla Guerra all’Iraq …. potrebbe generare importanti ricadute economiche a favore dell’ENI (di cui il Ministero del Tesoro decide ancora dirigenti e politiche, essendo proprietario del 30% delle azioni) ….se la guerra si dovesse fare – prosegue l’autore dell’articolo - si porrebbero le condizioni per l’ingresso del cane a sei zampe in territorio iracheno. L’eventuale caduta di Saddam aprirebbe la strada ad una collaborazione delle grandi compagnie, secondo uno schema già collaudato in altri Paesi produttori. In questo quadro troverebbe spazio anche l’Eni.”. E’ chiaro a tutti che uno dei motivi principali (non il solo) di questa guerra è il petrolio. Un quantitativo enorme di petrolio. Con opportuni investimenti l’Iraq è in grado di produrre l’equivalente di 5 milioni di barili al giorno, con questo si porrebbe al quarto posto dei produttori mondiali di petrolio, dopo l’Arabia Saudita (8,5 milioni), USA (8 milioni) e Russia (8 milioni), e davanti a Paesi come Iran, Messico, Norvegia e Venezuela. Una grande ricchezza da dividere fra i vincitori della Guerra. Il Governo Berlusconi e i vertici dell’Eni sono sicuramente interessati all’affare. L’Eni in quell’area è presente in tutti i Paesi che affacciano sul Mar Caspio. E’ presente in Iran, con un progetto da 2 Miliardi di dollari per lo sviluppo di un giacimento di gas e condensati, in Azerbaijan, nel Governatorato dell’Astrakhan (Russia Meridionale), in Kazakhstan, dove coopera allo sviluppo del giacimento supergigante di Karachaganak o nelle acque poco profonde dell’offshore kazako, dove è in fase avanzata di perforazione il promettente giacimento di Kashagan dove l’ENI è operatore unico (1,2 milioni di barili al giorno nel 2005, secondo l’Eni stessa), in Turkmenistan, dove partecipa ad un blocco esplorativo ereditato dalla Lasmo (società inglese acquisita dall’Eni nel dicembre 2000). Un’eventuale presenza dell’Eni a Baghdad insieme alle supermajor (Exxon Mobil,Chevron Texano, Bp Amoco, Shell, TotalFinaElf), completerebbe dunque la mappa delle relazioni tessute dal gruppo Eni in questa parte del mondo.
Disinformazione Foto BenjaminforIraq
Che aggiungere a tutto ciò, forse i fatti piu' emblematici: che sei tra i piu' alti funzionari di stato alla Casa Bianca sono petrolieri (Bush), ex petrolieri (Cheney) o ex amministratori delegati di importanti aziende petrolifere (Rice); che gli Stati Uniti producono l'1% del petrolio mondiale, ma ne consumano il 30%.
Non pensate anche voi, che da questi pochi dati si potrebbero trarre conclusioni ben piu' grandi?

Naturalmente ora che le magagne della ''Guerra Preventiva'' sono state scoperte si cambiano le argomentazioni, si dice che siamo in Iraq in pace, per costruire una nuova democrazia: Eccone le prove.
Pensavo che le nostre generazioni sarebbero fuggite dai tentativi di ''colonizzazione culturale'' visti dai nostri predecessori, mi sbagliavo di grosso!