giovedì | by Stefano Reves S.



Verità cosmopolita

C’è qualcosa che mi da fastidio più di molto altro. Vedere la gente che scaraventa i propri rancori contro ‘’La Bibbia’’, contro quel libro, che proprio perché è un libro non capisco perché susciti tanta animosità. La tipica accusa ‘’religione oppio del popolo’’ è il topos più sfruttato e malmenato da questa gente. Questi qualunquisti che agiscono in maniera simmetricamente identica al loro avversario prediletto: il clero. Eccentrico, egocentrico, esclusivista ed oscurantista, entità che ha come unico interesse quello di conservare il proprio potere e di accrescerlo, cercando di preservare i rispettivi privilegi.
Ma seguendo la filosofia più spicciola si può fare di un filo d’erba un fascio? Si può dire con assoluta certezza che un innocuo volume possa aver causato alcune tra le più grandi catastrofi della nostra storia? Io non credo proprio. Penso invece che il libro per antonomasia sia solo una vittima, un capro espiatorio da accusare come unico fautore del ‘’libro nero del cristianesimo’’. Libro nero innegabilmente scritto in primis da coloro che si sono arrogati il diritto di lavorare, scegliere e selezionare per l’uomo, eticamente, seguendo spesso però i criteri di un fondamentalismo inventato di sana pianta, e quindi del tutto estraneo al volere ed al messaggio delle Sacre Scritture. Certo potremmo per questo accusarlo di connivenza, ma innegabilmente alimentata ed imbellettata, spesso rigonfiata, dall’acrimoniosa iconoclastia dei movimenti anticlericali, che spesso l’hanno oltraggiata con metodi mistificatori e libellisti. Con questo non si vuole rimpicciolire l’importanza che la gerarchia ecclesiastica ha avuto nello sfruttare il Vecchio e Nuovo Testamento, tutt’ altro, ella rimane al primo posto tra gli artefici di molti mali dell’umanità. Si vuole semplicemente far capire a questa gente che la violenza, atroce e distruttiva, seppur verbale, genera sempre e solo altra violenza. Non è attaccando il Papa o il prete di campagna che si risolvono i problemi, lo si fa piuttosto analizzando appieno la situazione. Perché basterebbe farsi un’introspezione rapida e congetturale per capire che l’aforisma Marxiano ha solo scelto il soggetto sbagliato: non è la religione ad essere l’oppio del popolo, ma è chi si ritiene depositario di essa, di quelle regole trascendentali che, interpretando le loro azioni, spesso contraddittorie, diventano immanenti per pochi eletti. In sua difesa, basterebbe pensare che il Testo Sacro è stato adoperato inizialmente da nomadi nullatenenti, da persone che si sono sempre schierate contro ogni tipo di violenza e per questo sono state trucidate per secoli. Gente umile che chissà quante volte ha fatto una fine atroce pur di far giungere ai giorni nostri pensieri e conseguenti azioni in favore del vivere civile e del bene comune. Bisogna ricordare che quando si parla di Bibbia si deve prendere in considerazione i suoi veri, unici artefici: San Paolo, ripreso poi da Galilei, che invitava a non considerare il testo come oro colato, perché ‘’la lettera uccide’’, San Francesco, che in uno dei periodi piu’ sanguinosi e se vogliamo assurdi della nostra storia si recò fino in Arabia con due stracci e poco altro, sapendo di rischiare la propria vita, ma deciso a mandare e condividere un’importante segno di tolleranza e di pace. Il suo tentativo fallì, ma ciò che ha importanza è l’umile e sincero messaggio che ha lasciato al mondo intero. Non si può non citare uno dei più grandi eroi dei nostri tempi M. L. King, artefice delle parole sulla violenza citate sopra, i missionari che si battono contro il disboscamento dell’Amazzonia, e chissà quante altre persone che la storia ha dimenticato, ma non per questo sono state meno determinanti. Perché se l’uomo riesce ancora a convivere, seppur in ambienti imperfetti e limitati, il merito è anche di questa gente. Che ha diffuso messaggi puri ed intatti, senza ipocrisia ne prepotenza, ma con tanto spirito di umana, a volte imperfetta, sincerità e buona fede.
A questo punto è doveroso specificare che chi scrive non ha ‘’subito’’ un indottrinamento forzato. Ha si studiato sin da bambino i testi Cristiani nelle scuole ed al Catechismo, ma col tempo ha imparato a discernere. Ha imparato a condividere alcune cose e ad abbandonarne altre, senza insultarle, ne screditarle, o rigettarle con acrimonia, perché la chiave della giustizia e della conseguente felicità sono la tolleranza, ed il rispetto; al contrario il desiderio prepotente di avere ragione è la causa della sofferenza. Nessun uomo è in grado di condannare, perché nessun uomo è in grado di giudicare, qualsiasi uomo di fede, qualunque essa sia, farebbe bene a rammentare questa aforistica frase prima di lanciare nuovi anatemi.
Foto Wikipedia


One Response to “ ”

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  1. Anonimo says:

    lo leggo ogni giorno il tuo blog. però scritte grige su sfondo nero mi stanno devastando la vista.