All’interno di un recente post si è scatenata una feroce diatriba sull’idea di Democrazia e di Stato democratico. Cero di fornire un mio contributo, palesemente ispirato e permeato capillarmente dai lavori di alcuni tra i più grandi pensatori che l’umanità abbia mai conosciuto. Ringrazio quindi anticipatamente Gustavo Zagrebelsky, Norberto Bobbio, Aléxis de Tocqueville, Platone, Aristotele per il loro infinito, a volte sovrumano apporto. Spero solo vorranno scusarmi se per errore volgarizzerò le loro fatiche, o ne eluderò parti ritenute fondamentali.
Essendo la ‘‘summa’’ di una certa lunghezza ho preferito dividerla in tre episodi, che vi proporrò nei prossimi giorni a partire da oggi.
DICASI DEMOCRAZIA:
Definizione - rischi dell'indifferenza - necessità relativistica
Con termini dizionareschi potremmo definirla così: ''l’idea di costruire un assetto costituzionale, politico e sociale, in cui alle decisioni collettive possa effettivamente, liberamente e responsabilmente prendere parte il popolo tutto intero, attraverso opportune forme di organizzazione dei cittadini e per mezzo di efficaci forme di organizzazione''.
Esiste un luogo comune dell’idea democratica, che sia sufficiente diffondere i diritti di partecipazione, politici, ed il diritto di voto, affinché lo spirito democratico si radichi. Ma guardiamoci in giro, assistiamo impotenti al fenomeno dell’apatia politica, che coinvolge spesso la metà dei cittadini aventi diritto al voto. Dramma dell’apatia che non è il solo, si pensi al voto clientelare, basato sul do ut des, espressione di una morale 'bassa e volgare''. Queste considerazioni convergenti nel significato non sono nient’ altro che un abbandono da parte dei governati dal compito di agire, se non per governarsi da se, almeno per influire sul governo.
I classici insegnano che a buone regole debbano corrispondere buoni uomini. La migliore delle Costituzioni nulla può dinanzi a gente corrotta, o comunque che non è all’altezza. Uomini buoni rendono accettabili Costituzioni mediocri, uomini mali corrompono persino Costituzioni buone.
Accade sovente (vedi storia d’Italia recente) che le forme di governo possano facilmente degenerare nelle loro contraffazioni. Esse mantengono la facciata esteriore solo per coprire il verminaio del nudo potere per il potere. L’aristocrazia degenera in oligarchia, il governo egoistico dei pochi sui molti, la monarchia in tirannia, la democrazia in regime della massa, informe, senza qualità dove individui spregiudicati costruiscono le loro fortune.
La democrazia è relativistica, mai assolutistica. A differenza dello stato autocratico non ha fedi o valori assoluti da difendere, a eccezione di quelli sui quali essa stessa si basa: il rispetto dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani e del diritto che ne conseguono e il rispetto dell’uguale partecipazione alla vita politica e delle procedure relative. Chi se ne duole e ritiene che, invece di rappresentare valori plurimi diffusi, la democrazia come tale debba avere la sua verità indiscutibile, all’occorrenza di imporre ai dissenzienti anche con la forza o con mezzi fraudolenti, contraddice la democrazia stessa. La democrazia non si fonda sulla massa, ma sugli individui. La massificazione della società è un pericolo mortale, è più semplice istituire un governo dispotico presso un popolo in cui le condizioni siano eguali, che presso un’ altro. Proclamando un’ uguaglianza media, volgare, antistorica ed anacronistica, in cui valori personali scomparirebbero, ogni individuo vedrebbe annullata la propria libertà, preferita ad una commistione in una massa informe. E la massa informe non ha bisogno di democrazia, non può identificarsi in qualche demagogo, che ne interpreta, sfruttandoli, umori istintivi, senza bisogno di procedure democratiche di partecipazione politica attiva. Perché i regimi non hanno bisogno di uomini-individui, ma di uomini massa.
Per questo una democrazia che vuole preservarsi dalla degenerazione demagogica deve curare nel massimo grado l’originalità di ciascuno dei suoi suoi membri e combattere la passiva adesione alle mode. Originalità che è capacità di dare inizio a un progetto, a un rinnovamento che produce vita nuova e combatte la passiva e animalesca ripetitività.
Fine prima parte.
martedì | by Stefano Reves S.
Chiedo scusa se in qualche modo sono stato 'fautore' della diatriba cui accenni, ho pensato potesse aver senso trovare un accordo sul significato delle parole con cui spesso ci riempiamo la bocca. Se trovare un accordo si è dimostrato un fine - mea culpa - oltre le mie possibilità, spero almeno sia stato utile favorire la riflessione.
Detto ciò, ribadisco le mie scuse e ti ringrazio sentitamente per la scelta del post di oggi. Troppo spesso si danno per scontate 'nozioni' e conoscenze che scontate non sono. Un pò di cattedratica divulgazione non fa male.
SP
Non ho usato il termine diatriba in senso spregiativo, tutto l'opposto.
Mi scuso anchio se o usato un attegiamento un po duro...
Ivana Iorio
Ma non mi pare che sia morto nessuno per qualche commento un pò "caldo"...è solo volata qualche parola...e non vedo di cosa debba scusarsi SP...i blog sono belli e utili non solo perchè ci si informa (su cose che spesso nessuno dice) ma anche perchè si discute...a volte animatamente..ma resta pur sempre una discussione....ciao